Sanguinano le gengive, perchè?
È una domanda molto comune. Una gengiva che sanguina ad una normale stimolazione meccanica come quella relativa alla masticazione del cibo, allo spazzolamento o al passaggio del filo interdentale, è infiammata. Ha cioè una gengivite. Questa è dovuta nella grande maggioranza dei casi al permanere della placca dentaria su denti e gengive. La placca è un insieme di proteine salivari, residui alimentari e batteri che aderisce alle superfici dei denti puliti nel giro di poche ore. Col passare del tempo la popolazione batterica della placca cambia ed evolve in forme sempre più aggressive. I batteri producono acidi che degradano lo smalto e causano la carie. Inoltre producono tossine che infiammano i tessuti gengivali. I tessuti infiammati hanno capillari dilatati e fragili che tendono a rompersi, sanguinando al minimo stimolo meccanico. Molti pazienti sono convinti che non sia opportuno passare il filo interdentale perché se lo fanno, sanguinano le gengive. Niente di più sbagliato. La gengiva sanguina solitamente perché il filo non è utilizzato regolarmente e la placca ristagnando tra dente e dente provoca gengivite. In alcuni casi, la presenza di carie, otturazioni, corone non eseguite correttamente o tasche parodontali, determinano una condizione anatomica per cui non è possibile rimuovere la placca né con lo spazzolino né con il filo e la gengiva permarrà infiammata finché la condizione non sarà risolta con una terapia adeguata.*
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I denti non mi fanno male quindi perché dovrei avere carie?
La carie e molte altre patologie dentarie sono asintomatiche per buona parte della loro evoluzione, ovvero non danno nessun segno della loro presenza. La carie in particolare non dà nessun segno finché non si avvicina alla polpa dentaria, (l'insieme di nervi e vasi sanguigni interni al dente) tanto da infiammarla. In questo caso si ha un dolore provocato, ovvero si avverte dolore se il dente viene a contatto con cibi freddi o caldi. Nella maggior parte dei casi se un dente cariato inizia ad avere questi sintomi, la dentina rimasta tra carie e polpa è già contaminata dai batteri e si è costretti alla terapia canalare (devitalizzazione). La carie, una volta penetrato lo smalto, lo strato esterno del dente, degrada la dentina, la parte più interna, molto più velocemente. In alcuni casi la carie può necrotizzare, ovvero “uccidere” il dente, infettando la polpa senza che ci siano sintomi. L'infezione, se non curata, prosegue nei tessuti intorno all'apice del dente causando un granuloma, un ascesso o altre complicazioni, spesso senza dare sintomi.
Quando invece l'infezione della polpa è sintomatica, la carie genera una pulpite, ovvero il dente inizia a fare molto male, pulsando spontaneamente. Il dolore permane finchè l'infezione non distrugge la polpa oppure il dentista non rimuove la polpa dalla camera pulpare.*
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Se effettuo un trattamento di sbiancamento dentale, indebolisco i denti?
Le sostanze usate per effettuare uno sbiancamento, in genere perossido di carbammide o di idrogeno, liberano ossigeno.Il dente cambia colore per degradazione ossidativa e rimozione fisica delle sostanze colorate (sostanze pigmentanti) presenti tra i cristalli di idrossiapatite, il minerale di cui è costituito il dente. Lo sbiancamento agisce quindi con un meccanismo che ha scarsa interazione con l'idrossiapatite. Sebbene alcuni studi riportino un cambiamento fisico/chimico dello smalto nel suo strato più superficiale, questo è clinicamente irrilevante. Da un punto di vista della capacità del dente trattato di resistere alla carie, non esistono studi che riportino una maggiore incidenza di problemi. Non c'è quindi nessuna lesione clinicamente rilevabile alla struttura del dente. L'unico pericolo concreto è relativo all'interazione tra ossigeno e polpa dentaria. Se la terapia di sbiancamento è effettuata correttamente si può semplicemente avere una sensibilizzazione del dente che diventa dolente quando a contatto con sostanze calde o fredde. E' un fenomeno in genere lieve, reversibile, che può comparire durante il trattamento o nel periodo immediatamente successivo. Il reale pericolo è l'uso sconsiderato delle sostanze sbiancanti che in condizioni sfavorevoli (ad es. presenza di carie, colletti scoperti, concentrazioni sbagliate o tempi scorretti di applicazione, etc) possono dare forti sensibilizzazioni o anche infiammazione irreversibile della polpa (pulpite) e successiva necrosi (morte) della polpa del dente. Lo sbiancamento dentario se opportunamente realizzato è un'occasione per migliorare molto l'estetica del proprio sorriso. Presso il nostro centro includiamo gratuitamente nel trattamento di sbiancamento domiciliare il trattamento di fluorazione rendendo così i denti non solo più bianchi ma anche meno attaccabili dalla carie.*
Ogni quanto tempo è opportuno fare un'igiene orale dal dentista?
L'igiene orale professionale, detta anche detartrasi, è la rimozione del tartaro mediante ultrasuoni o appositi strumenti manuali. Diversamente, il tartaro permarrebbe indefinitamente adeso alla superficie dei denti. La frequenza opportuna per la detartrasi dipende dalle caratteristiche soggettive del paziente. Non esiste uno standard universalmente valido per ogni paziente in quanto ognuno di noi ha la sua tendenza a formare tartaro. Questa dipende da diversi fattori come la quantità del flusso salivare, la presenza di alte dosi di ossalati nella saliva, le abitudini alimentari, la capacità di mantenere l'igiene correttamente etc. Ogni paziente deve essere monitorato e di volta in volta va confezionato il richiamo su base individuale. In generale i tempi di richiamo variano da un minimo di 2 mesi ad un massimo di 18. E' bene tenere presente che il tartaro crea danno soprattutto in quanto crea le condizioni per lo sviluppo di una flora batterica particolarmente nociva per l'insieme gengiva-osso-legamento del dente (parodonto). La presenza del tartaro e della flora batterica relativa distrugge il parodonto. Le lesioni parodontali sono cumulative, ovvero una volta occorse, tolto il tartaro, non guariscono con un ritorno alla situazione precedente, bensì quella parte di gengiva, osso e legamento compromessi, saranno irrimediabilmente persi. Se non si segue un programma di igiene orale corretto, queste lesioni continuano ad accumularsi negli anni. Col tempo si può arrivare a compromettere il parodonto tanto da avere il dente che perde stabilità, ed essere quindi costretti all'estrazione. Molti pazienti confondono l'esito finale di una parodontopatia protratta per anni con la volgarmente detta "piorrea alveolare" (vedi domanda successiva).*
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Cos'è la piorrea?
La piorrea alveolare (o bocca da trincea) è una patologia oggi individuata come gengivite acuta necrotico ulcerativa (GANU). E' una patologia a decorso acuto che insorge in genere in soggetti di giovane età con scarse condizioni generali e cattiva igiene orale (era appunto diffusa nelle trincee della prima e seconda guerra). Compare con febbre, fetor ex ore, e una rapida distruzione focale dei tessuti di supporto del dente. E' purtroppo molto comune confondere la piorrea alveolare con ciò che è l'ultima fase di una bocca che non è stata seguita correttamente negli anni dal punto di vista parodontale: i denti senza più supporto osseo perdono stabilità. Purtroppo se la destabilizzazione è grave, sono scarse le alternative all'estrazione.*
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Mi è stato detto che non posso mettere impianti, è vero?
L'unica controindicazione assoluta al posizionamento di impianti endoossei è l'accertata allergia al titanio, il metallo di cui sono costituiti. Questa è un tipo di allergia estremamente rara in quanto il titanio e i suoi ossidi sono tra le materie più biocompatibili conosciute (si parla di un incidenza di 6 casi per milione). Una controindicazione relativa è nel caso di pazienti con gravi malattie sistemiche (diabete scompensato, immunodepressione, epatopatie, turbe della coagulazione etc). Sono controindicazioni relative, ovvero che vanno valutate da caso a caso per ponderare l'opportunità di effettuare la terapia in relazione ai rischi.
Spesso si presentano pazienti che sostengono di non poter usufruire di impianti in quanto non è presente osso nella zona soggetta a terapia. In realtà, le tecniche di rigenerazione ossea oggi disponibili permettono di risolvere ogni circostanza legata alla presenza di uno scarso quantitativo di osso.*
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E' vero che problemi a denti o gengive possono dare altre malattie?
È noto in letteratura medica che infezioni dentarie o parodontali possono essere la via attraverso cui batteri, o le tossine da loro prodotte, entrano in circolo portando a diverse patologie. Queste possono essere da lievi a potenzialmente fatali e variare da febbri ricorrenti ad ascessi a distanza (polmonari o cerebrali), endocarditi, trombosi, infarti o ischemie, placche ateromasiche, parti prematuri etc (
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Queste complicanze sono legate a fenomeni di setticemia e metastasi batteriche, interazioni tossiche ospite/parassita e aberrazioni immunitarie (15).*